Lettura consigliata: Non me lo chiedete più (Michela Andreozzi)
Sono una childfree, cioè senza figli, che è diverso da childless, priva di figli.
Una scelta versus una casualità.
C'è stato un tempo in cui ero convinta che la mia vita avrebbe avuto senso solo quando avrei avuto dei figli.
O almeno ero convinta di crederlo...
Venivo circondata, o meglio, assediata senza via di scampo, dalle gravidanze di sorelle, cugine, cognate, nipoti, amiche, amiche delle amiche. Se non hai in figlio, nella tua vita di donna, cos'hai?
Be’, avevo un lavoro, anzi, una carriera, un guardaroba, un marito, delle belle tette, moltissima cellulite che comunque fa simpatia.
Ma non un figlio.
Ma io lo volevo 'sto figlio?
Perché non capivo se lo volevo perché lo volevo o perché lo volevano tutte le altre.
Ma si può anche dire di no.
Anche se la pressione sociale è un vero e proprio mobbing. Sottile, fatto di giudizi, paragoni, allusioni, confronti, sfide. È possibile non avere figli, ma non ti è permesso rifiutarne l'idea.
Dire: io non ne voglio, grazie.
Eppure siamo tante, ed è arrivato il momento di farci avanti.
RECENSIONE
Una sola parola: bellissimo!
Con questo libro, Michela Andreozzi ha saputo rispondere a una domanda che mi faccio da anni: "È possibile che io non voglia diventare madre?".
La risposta è sì, ma non un semplice Sì, ma un vero e proprio "Sì e non devi neanche sentirti in colpa per questo.", anche se la tua vicina che ha appena partorito ti tratta come se fossi un paria o un organismo vivente di classe C, mentre altre donne – sempre donne! Mai una volta che gli uomini ti rompano le scatole su questo argomento! – passano dal chiederti se sei incinta per via di quei due chili in più (tutti sulla pancia, ovviamente!) o quando ti darai una mossa perché alla soglia dei 36 anni, ormai sei prossima alle ovaie raggrinzite come prugne secche e c'è il rischio di diventare una madre troppo vecchia e distante dalla nuova generazione.
Quanto "adoro" questo talento così sopraffino ed esclusivo delle donne nell'unire più difetti e mancanze (grasso in eccesso, menopausa, vecchiaia...) in un concetto solo! Mai una volta che si risparmino quando si tratta di creare un senso di inadeguatezza ancora più radicato, in cui noi donne già ci sguazziamo da quando siamo nate. Sembra quasi che dia fastidio se una di noi alza la testa e dice: "Mi piaccio così come sono, mi piace la mia vita e non sento il bisogno di avere figli".
Eresia! Sacrilegio!
Il rischio di ritrovarti bersagliata da cattiverie o isolata dal tutto stesso genere di appartenenza è elevatissimo, soprattutto in Italia, il paese dei mammoni, delle madri che rifanno il letto ai figli trentenni, delle donne che devono procreare perché sono create per quello, come scrisse Arthur Schopenhauer in "L'arte di trattare le donne", e che se mettono la carriera davanti alla maternità allora vuol dire che sono delle egoiste della peggior specie.
Chissenefrega della felicità che risiede sempre in posti diversi per ognuna di noi.
Chissenefrega se a una donna piace godersi il piacere di dormire fino a tardi, fare colazione a letto, cenare con pizza d'asporto, sul divano a guardare una maratona di film erotici e di azione, fino a tarda notte, senza la paura di svegliare qualcuno.
L'autrice dice proprio questo: ci sono molti motivi per cui si sceglie di essere childfree, quindi di non fare figli. Tutti motivi che meritano di essere rispettati.
Io mi riconosco in tre di questi:
1. il mondo va a rotoli e mi sentirei una stronza a far nascere un bambino in una società in cui i rapporti sociali sono sostituiti da un emoticon virtuale, la solidarietà con l'individualismo, l'amore per se stessi con il consumismo, la tolleranza e il rispetto per il diverso sono stati dimenticati, i cambiamenti climatici creeranno numerosi problemi e metteranno in ginocchio l'umanità nel giro di pochi decenni...
2. perché fare un figlio quando nel mondo è pieno di bambini senza genitori e che spesso vivono in ambienti ostili, pericolosi o malsani? Ho pensato spesso quindi ad adottare, ma vivo in Italia e una donna vegana, ambientalista, anticonsumista, atea con sfumature buddiste, freevax, che dorme nel letto con il suo cane, che si mantiene con i suoi romanzi ma non ha un reddito fisso, non ha proprietà immobiliari... Beh, già è difficile adottare per chi ha tutte le carte in regola, figuratevi per una come me! Ho le carte in regola solo per le adozioni animali. Infatti ho sempre superato brillantemente i controlli pre e post affido da parte di canili e associazioni animaliste. È rincuorante! Un'altra strada che avrei voluto tentare è quella dell'affido, ma mio marito è contrario perché ha paura di affezionarsi troppo al bambino che poi un giorno ci verrebbe tolto e restituito ai genitori. Troppo traumatico.
3. Anni fa, quando mi ripetevo che dovevo avere un figlio prima o poi, lo rimandavo sempre perché volevo prima raggiungere la sicurezza economica e avere una casa di proprietà. Oggi so che la sicurezza economica data dal posto fisso non esiste più e non ho più voglia di avere una casa di proprietà, perché ho scoperto che mi piace cambiare. Mi piace cambiare città o panorama, passando dal centro urbano alla campagna sconfinata e un domani il mio sogno è di andare a vivere al mare. Anche dal punto di vista professionale, mi sento cambiata. Ho abbandonato il posto fisso e adoro reinventarmi, provare cose nuove. In poche parole ho trasformato la precarietà in un'opportunità per fare tante cose diverse e dare sfogo a tutte quelle passioni o fantasie che avevo fin da piccola, come fare la parrucchiera, la maestra, l'interior designer, l'editore e la scrittrice. Ho fatto tutto e sono felicissima di aver sperimentato così tante cose diverse. Il punto è proprio questo: mi piace la vita che faccio e non voglio cambiarla per un figlio. Non voglio accontentarmi di un lavoro che dovrò tenermi per sempre perché sono obbligata a mantenere mio figlio, non voglio abitare sempre nella stessa casa perché altrimenti costringerei mio figlio a cambiare scuola, amichetti, abitudini... Inoltre mi piace passare il mio tempo libero con mio marito, con le nostre lunghe e deliziose colazioni a letto nel week end, le nostre litigate su chi deve preparare da mangiare per poi finire con il take away o cibo spazzatura e mangiare anche alle dieci di sera, le nostre maratone di serie tv, le nostre dormite fino a tardi, le nostre gite e programmi dell'ultimo minuto... Insomma, è una figata non dover dipendere da un altro essere umano e godere di tutte queste libertà.
Questo non significa essere egoista, ma solo che voglio stare bene con me stessa e godermi la vita, senza sfogare il mio risentimento verso quel figlio che ha mandato all'aria tutta la mia libertà, anche se mi ha riempito di gioie.
In realtà i bambini mi piacciono, ma detesto le donne che appena ne vedono uno strillano come pazze: "Che carino! Pucci pucci cippi cippi! Tesoro di mamma! Che amore!" oppure quelle che te lo mettono in braccio e ti dicono: "Dai, tieni, così ti viene voglia di averne uno". Queste sono due cose che finiscono solo con il rafforzare la mia decisione a non averne e a odiare il genere femminile.
Mai una volta che ti dicano che non sei l'unica ad aver fatto questa scelta di vita e che ci sono anche grandi menti illustri come Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, Virginia Woolf e Jane Austen, che sono anche i miei idoli, grandi modelli da seguire per me e fonte di ispirazione grazie al loro anticonformismo.
L'unica cosa che accetterei volentieri è di diventare zia, ma sia io sia mio marito siamo figli unici, quindi non avrò mai questo onore. Ho sempre trovato magica la figura della zia, quella donna che è abbastanza giovane e intraprendente da portarti a giocare al parco o al luna park senza urlare tutto il tempo: "Quello no! È pericoloso!" come farebbe una nonna in genere più apprensiva, meno ginnica e poco propensa ai divertimenti.
C'è solo una cosa che Michela Andreozzi si è dimenticata di inserire: il tipo di donna "Childfree e mamma di animali domestici". Già, perché io anche se non ho figli, ho 2 cani e 5 gatti (di cui 4 abbandonati e 2 salvati dal randagismo da piccoli). Lo so che sono tanti, ma con mio marito ho il dono di trovare animali in difficoltà. Li prendo, li curo e poi chi ha la forza di mollarli al canile? Nè io, nè mio marito.
Molti dicono che non si può paragonare un cane a un bambino. È vero, ma io mi sento madre di un animale come di un figlio. Con i miei animali mi comporto come una vera madre. Penso a loro, li educo, li nutro, controllo che stiano bene, li vizio, li porto a giocare o a fare la passeggiata, li riempio di coccole e non vado mai a letto senza dare la buonanotte a tutti. A volte, quando dormono, mi avvicino (facendo attenzione a non svegliarli di soprassalto) e ci parlo. Dico loro che sono i miei tesori, che li amo, che voglio che siano felici (vi basta vedermi quando compro il cibo per loro e mi faccio mille paranoie per cercare la scatoletta più buona per capire quanto ci tengo a farli felici) e li accarezzo con dolcezza.
L'unica differenza è che un figlio, ad un certo punto, diventerà grande, abbandonerà il nido e si farà una vita altrove, mentre un animale, anche lui abbandonerà il nido ma andrà lontano, in un posto dove non potrò più vederlo e l'unica cosa che mi resterà è la consapevolezza di averlo amato e di avergli dato la vita migliore che abbia potuto donargli.
In entrambi i casi, ci sarà un passaggio doloroso, ma solo nel primo questo può portare a delle rotture e difficoltà a comprendere le scelte adulte del proprio figlio. E a volte, accade anche che si facciano i figli per aver qualcuno che si occupi di noi da vecchi. Niente di più sbagliato, perché un figlio ha diritto a scegliere la sua vita senza aspettative o limiti che gli vieterebbero di avere ciò che desidera.
In conclusione, consiglio questo libro ironico, simpatico e d'impatto a tutte le donne, sia a coloro che si chiedono, come me, se vogliono davvero avere figli e anche a coloro che figli ne hanno e pensano davvero che essere madri le elevi su un piedistallo da cui guardare dall'alto in basso le freechild. Lo consiglio anche a chi vuole figli ma non ci riesce perché io penso sempre che ogni cosa ha una ragione d'essere e che a volte dalle sfortune arrivano grandi evoluzioni positive.
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